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  • Immagine del redattoreAnna Stellari

Cibo e gentilezza

Tempo fà, non troppo da essermene dimenticata, guardavo un video di Simona Zanotti. Lei come me parla spesso di crescita personale e oltre a trattare argomenti di mio interesse la trovo gentile e a modo, cosa non meno importante.




In quel video Simona parlava di un argomento che non tocca solitamente attraverso i suoi canali: il cibo e la sua scelta di un'alimentazione vegana.


Non sono vegana, non sono una nutrizionista e non voglio entrare in merito alla questione perché il punto non è questo. Nel video Simona esprime la sua reticenza nel parlare pubblicamente di questa scelta, perché spesso è stata attaccata e accusata a causa di ciò.


Ci sono delle cose che succedono e che mi fanno bloccare e pensare, pensare, pensare. Da qui, e dal confronto con lei, nasce questo articolo.


Non è la prima volta che sento parlare di queste tipologie di reazioni con timidezza mista a timore. Sono diventata più sensibile alla questione osservando i commenti e le reazioni di tante persone che non hanno intrapreso la medesima scelta. Con mia sorpresa ho visto emergere una cattiveria inaudita davanti a quella che altro non è che una scelta. Una scelta che non fa male a nessuno.


L'indignazione, la rabbia e la cattiveria davanti a scelte che non ci riguardano ma che influenzano anche la nostra vita è comprensibile. Ma l'indignazione, la rabbia e la cattiveria nei confronti di Simona e di tutte le 'Simona' che ci sono al mondo, le quali scelte non hanno influenze negative su di noi, da cosa derivano?


Io penso che sia il cibo stesso portatore di più significati di quanti ne vogliamo ammettere. Non il cibo che ci nutre, ma quello che ci consola. Non quello che sperimentiamo ma quello che ci ricorda casa.


Il cibo è tradizione, condivisione, accoglienza, calore. Ma è anche ''come mia mamma non lo fa nessuno'', attaccamento, cultura, pregiudizio, stereotipo. Anche il cibo, con tutta la bellezza che porta con sé, può diventare cattiveria, ed è ora di riportarlo alla gentilezza che lo contraddistingue.


La gentilezza di dare e di preparare. La gentilezza di scoprire e di imparare. La gentilezza che la tavola rivolge a chi viene invitato. La gentilezza di accogliere qualcosa di diverso.


Ricordare le nostre tradizioni culinarie vuol dire onorare il nostro passato, ma attaccarci ad esse vuol dire non vedere tutto quello che il presente ci offre.


Attenzione, io sono per la libertà sempre e comunque, quindi se avete scelto di vivere e nutrirvi di ricordi, va benissimo. Questo però non legittima nessuno a criticare e accusare chi ha preso una scelta diversa dalla vostra.


Che lo abbia fatto per motivi di salute, di etica o di semplice piacere personale non importa. Riportiamo il cibo alla gentilezza che merita per l'importanza che ha.


Noi riusciamo a parlare, camminare, lavorare, seguire le nostre passioni grazie al cibo che ci nutre. Ognuno dovrebbe scegliere quello che meglio ritiene per il proprio corpo, ed essere rispettato a prescindere dalla scelta intrapresa. E' per questo che verso Simona e verso tutti, sarebbe trasformativo mostrare gentilezza.


I piatti migliori, a mio parare, sono fatti di contrasti, di dolce e salato, di frutta e verdura, di caldo e di freddo, di morbido e croccante. Se il cibo riesce ad accogliere così bene sapori così diversi, perché noi non riusciamo a fare lo stesso con le persone che ci circondano?


Il cibo è maestro. L'arte dell'accoglienza e della gentilezza, dovremmo apprenderla da lui.


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