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  • Immagine del redattoreAnna Stellari

Secondo pilastro: pazienza



Dice Kabat Zinn che la pazienza è una forma di saggezza: ‘’Se il bambino cerca di far uscire la farfalla aprendo la crisalide preso dalla voglia di aiutarla o la fretta di vederla, in realtà non fa una cosa buona per la farfalla né per il suo desiderio di vederla il prima possibile’’.


‘’Il prima possibile’’ è la rappresentazione di una credenza ovvero che ci sia una situazione migliore rispetto a quella presente in quel momento.


Anche a noi capita di volerci allontanare o di voler velocizzare qualcosa che ci mette a disagio, che non ci fa stare comodi e che pensiamo non ci possa aiutare in alcun modo.


In alcuni casi può succedere anche di scappare o persino chiudere situazioni del genere, ma non sempre possiamo farlo. Ci sono cose che siamo obbligati ad affrontare e ci sono altre cose per cui facciamo più fatica a nasconderci di quella che faremmo se scegliessimo di viverle.


Nella Mindfulness la pazienza nasce e si sviluppa dalla comprensione che ogni cosa ha un suo tempo e che questo tempo non può essere controllato da noi.


Prima di essere pazienti con le persone e le situazioni che ci circondano alleniamo questa capacità soprattuto su noi stessi. Ogni volta che ci troviamo distratti dai nostri pensieri durante una pratica di Meditazione possiamo considerare quel momento come un’occasione per osservare che tipo di emozioni emergono in noi.


Siamo arrabbiati per non essere riusciti a concentrarci? siamo delusi dalle nostre ‘capacità’? ci sentiamo irrequieti? nervosi? Qualsiasi cosa succeda abbiamo la possibilità di osservare tutte queste emozioni senza forzarle verso un’altra direzione.


Se stiamo infatti ‘aspettando che’ la nostra rabbia si trasformi in tranquillità non stiamo in realtà pazientando, stiamo solo concedendo un po’ più di tempo rispetto a quello che normalmente siamo disposti ad attendere.


La pazienza scava dentro di noi ad un livello più profondo di quello che l’attesa potrà mai toccare.


Non è attesa, è fiducia.


Fiducia che quel momento è esattamente come dovrebbe essere. Fiducia che non poteva essere ‘diverso da così’ altrimenti lo sarebbe già stato. Fiducia che la scomodità della situazione in cui ci troviamo è l’unica in cui dovremmo imparare a stare.

Fiducia in questo stare senza bisogno di modificarlo.


L’invito per chi pratica, o per chi non pratica ancora è quello di allenare la pazienza ogni volta che sentiamo di ''perderla'' ricordandoci che essere pazienti è una scelta non una dote.

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